Maliau Basin, “Il Mondo Perduto”

Un fruscio crescente; un sibilo che velocemente si avvicina; il rumore secco di un ramo che si spezza: i portatori malesi, rangers navigati e conoscitori dei mille segreti della foresta, non hanno dubbi e ci mettono in guardia.

E non fanno tempo a lanciare l’allarme che la sagoma sottile del micidiale serpente degli alberi prende corpo in tutta la sua eleganza: una presenza selvaggia e terribile, capace di far capire all’uomo la forza anche mortale di una natura arcana, dove egli è intruso poco gradito.

Il rettile si contorce, si attorciglia, si inarca mostrando spire minacciose al coraggioso reporter, che lo vuole immortalare; poi, superiore o forse a sua volta spaventato, si dilegua imprendibile nel fitto intrico di vegetazione, nel mare verde sterminato.

Siamo nel cuore del Maliau Basin, nel Borneo malese, una dei più estesi polmoni verdi del pianeta, ancora oggi immacolato: teatro immaginario di gesta leggendarie, di epiche imprese letterarie e storiche, che hanno animato la fantasia di intere generazioni.

E’ la “Foresta di Sandokan”, il misterioso mondo delle tigri della Malesia, caleidoscopio di colori, profumi e suoni in un certo qual modo armoniosi; un mondo descritto in modo sommario da esploratori inglesi dell’800 e serbatoio inesauribile, da cui Salgari ha tratto elementi concreti, assiemandoli in un “unicum” suo personalissimo, sfondo per il suo eroe, paladino già allora di giustizia e di diritti umani.

Ebbene finalmente dopo secoli di leggende, legate soprattutto alla cultura ancestrale dei dayak, gli aborigeni fino a pochi decenni fa tagliatori di teste, che abitano ai margini del Maliau Basin, la “Foresta di Sandokan” viene esplorata e valorizzata grazie a iniziative promosse dal Governo malese e spesso affidate a ricercatori italiani. A partire dall’operato meritorio degli studiosi dello zoo-safari di Varallo Pombia (Novara), impegnati a salvare e restituire alla giungla gli elefanti pigmei, minacciati mortalmente dalle micidiali trappole dei proprietari di piantagioni, che a loro volta si vedono distrutti i raccolti da gruppi di pachidermi in cerca di cibo. «Un intervento delicato e rischioso – precisa Kathrin Schroeder, zoologa originaria di Berlino e da anni ricercatrice allo zoo-safari di Varallo Pombia -: dobbiamo sedare l’elefante, impazzito dal dolore alla zampa, e medicargli la ferita, che altrimenti causerebbe la cancrena. Poi con calma lo restituiamo alla giungla.

L’operato di zoologi e botanici si concretizza anche nello studio e nella catalogazione di specie animali e vegetali, che solo qui vivono. E per farlo si avventurano con guide esperte nelle radure più recondite delle fiorsta primaria. Alla testa di simili, affascinanti ma rischiose spedizioni ancora un italiano, Luca Viola, originario della Sicilia, che con la propria famiglia vive dal 2004 nel Borneo. Viola, di stanza a Kota Kinabalu, moderna capitale del Borneo malese, organizza tramite il suo sito https://www.naturalis-expeditions.com tours “eco-rispettosi” alla ricerca del mondo perduto di Sandokan, dove nessuno si è mai spinto. Recentemente con questo Livingstone italiano siamo penetrati in zone ignote del Maliau Basin, nel cosiddetto ‘Lost World’, un mare verde fittissimo, arcano, da sempre ignoto a occhi umani. Solo un ranger si era avventurato, forse per sbaglio, e non è mai tornato.

E ora il Maliau Basin, il mondo perduto di Sandokan, inizia a rivelare i propri tesori e foto e filmati di un habitat prima solo parzialmente esplorato iniziano a circolare. Questo anche perché nella recente impresa l’esploratore italiano è stato accompagnato da due coraggiosi reporter – Antonio Ciaccio e Roberto Barbieri -, che hanno filmato ogni aspetto di una natura forte e a volte impietosa, testimoniando il tutto sul sito di “message in the bottle”, da loro ideato per raccontare realtà e testimonianze dai 4 angoli del mondo.Un percorso da camel trophy, da spedizione militare con momenti di incredibile pathos: incontri ravvicinati con serpenti velenosi, con ragni dall’aspetto quasi lunare; scalate di pareti scivolose e insidiose; il tutto in un ambiente che tanto ricorda film-cult stile “Apocalypse now” con gli animali della giungla al posto dei Vietcong.

Si fendeva la vegetazione avvolgente a colpi di machete e si proseguiva con l’ausilio di bussole e GPS; un’allerta continua, senza tregua: quando credevi di poter tirare il fiato ecco micidiali sanguisughe, che hanno attaccato soprattutto Ciaccio, il cameraman, quando è entrato in un laghetto (tra l’altro col pericolo concreto dei coccodrilli) per fare riprese ad alto effetto scenografico: i pantaloni con larghe chiazze sono testimonianza inequivocabile dell’attacco dei micidiali parassiti. E lì suono cupo e belluino di felini pericolosamente vicini ci ricordano non senza qualche brivido l’atletico balzo della tigre di Mompracem, che piroettandosi nell’aria colpì a morte una tigre vera, vittima inaspettata nel duello surreale tra uomo e belva, magistralmente immaginato dalla fantasia di Salgari.


 By Aristide Malnati – Giornalista 

1 Response
  1. Complimenti Aristide per questo bellissimo racconto. Il Maliau Basin e' veramente uno dei pochi posti al mondo dove la natura e' dominante in tutti i sensi. Grazie!

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